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Il contributo scientifico dell’Infn alla mostra “Il mito della velocità” in programma dal 19 febbraio al 18 maggio al Palazzo delle Esposizioni di Roma
C?? una velocit? inimmaginabile e invisibile ai nostri occhi, ma che ? diventata uno dei grandi motori della conoscenza e del progresso del ?900. ? la velocit? maneggiata dalla scienza regina del secolo scorso, la Fisica.
Parte da qui il racconto che l?Istituto Nazionale di Fisica Nucleare presenta nel contesto artistico e storico della mostra ?Il mito della velocit?. Arte, Motori e Societ? nell?Italia del ?900?: racconto delle velocit? estreme e del colossale salto in avanti che la scienza del ?900 ha compiuto manipolandole e riproducendole. Velocit? insuperabili come la luce, relativistiche come quelle delle particelle emesse dagli atomi radioattivi, o dei i raggi cosmici che ci portano notizie sull?origine dell?Universo. Straordinari risultati, per cui lungo l?intero secolo spesso ? stato essenziale il contributo dei fisici italiani.
Una suggestiva narrazione video racconta i ?mitici? anni ?30 di Enrico Fermi, che per primo, senza saperlo divide il nucleo dell?atomo, e di Bruno Rossi, che a Firenze riesce a ?fotografare? le particelle che piovono dal cosmo nell?atmosfera terrestre. I fisici aprono cos? il vaso di Pandora del mondo subatomico che consente di gettare uno sguardo alle leggi fondamentali dell?Universo. Dopo la guerra questa nuova scienza produce sempre di pi? e pi? in fretta dati, informazioni, numeri da trattare, archiviare, elaborare. Una nuova velocit? si affaccia allora sulla scena del secolo: quella dei primi computer che si costruiscono, anche in Italia, a Pisa, su impulso dei fisici, che vogliono rispondere alla ?fame computazionale? della ricerca scientifica e dell?industria del boom economico. Componenti hardware e modelli vengono riproposti oggi in una sorta di ?archeologia? di quelle pionieristiche tecnologie.
Ma negli stessi anni continua anche la corsa ad ?addomesticare? la velocit? della materia e dei suoi costituenti fondamentali, le particelle elementari, accelerandole con macchine sempre pi? potenti, per scoprirne i segreti. Dopo il primo elettrosincrotrone italiano, sulle colline di Frascati, il neonato Istituto Nazionale di Fisica Nucleare costruisce nel 1961 un acceleratore di particelle cos? innovativo da rappresentare un modello per il mondo intero. ? ADA, il primo collisole al mondo di materia e antimateria, progenitore delle enormi macchine acceleratici, costruite al Cern di Ginevra da grandi collaborazioni internazionali. Pezzi originali e prototipi di componenti di un moderno acceleratore evocheranno nel percorso della mostra le grandi imprese della fisica di fine secolo.
Ma accelerare le particelle ? accelerare la capacit? di maneggiare l?immensa mole di nuovi dati prodotti. Il pendolo tra queste due spinte innovative non si ferma e le suggestioni visive e sonore dell?ultima sala (a cura di Gian Luca Beccari e COA di Bologna) della mostra ci consentono di lanciare uno sguardo sul futuro imminente. Quello in cui sar? accesa la pi? grande macchina del pianeta, l?acceleratore di particelle LHC che sta per essere completato a Ginevra e quello di GRID, una rete di calcolatori planetaria in grado gi? oggi di elaborare l?immensa quantit? di dati dei prossimi esperimenti. E domani promette alla ricerca, all?industria e alla societ? di calcolare e conoscere sempre pi? velocemente.
Contatti per i giornalisti
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