I neutrini sono particelle subatomiche neutre ed estremamente leggere, che interagiscono debolmente con la materia: per questo motivo, riuscire a rivelarli rappresenta una sfida sperimentale molto complessa.
L’esistenza di una particella ultraleggera fu proposta per la prima volta da Wolfgang Pauli nel 1930 e battezzata neutrino da Enrico Fermi l’anno successivo. Tuttavia la prima prova sperimentale arrivò nel 1953, quando i fisici statunitensi Frederick Reines e Clyde Cowan dimostrarono l’esistenza di neutrini provenienti dai reattori nucleari. Da allora ricerche teoriche e sperimentali hanno fornito un quadro molto preciso sulle caratteristiche di queste particelle elementari. Oggi sappiamo che esistono tre tipi di neutrini: elettronici, muonici e tau, ciascuno associato a un diverso leptone.
I neutrini hanno la loro capacità di mutare da un tipo all’altro mentre si propagano, un fenomeno noto come oscillazione dei neutrini. Questo fenomeno però avviene solo se i neutrini hanno masse diverse tra loro e diverse da zero.
Anche in questo caso, la prima ipotesi teorica sull’esistenza dell’oscillazione dei neutrini (formulata da Bruno Pontecorvo nel 1957) dovette attendere molti anni prima della sua verifica sperimentale, arrivata prima per neutrini atmosferici nel 1998 (grazie all’esperimento giapponese Super-Kamiokande) e successivamente per neutrini prodotti in laboratorio, nel corso di diversi esperimenti: uno di questi è OPERA, che ha misurato l’oscillazione di neutrini prodotti al CERN e inviati ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN. Gli esperimenti per la rivelazione dei neutrini sfruttano in molti casi grandi serbatoi di sostanze liquide, come acqua pesante o cloruro di gallio: la rivelazione avviene attraverso le interazioni rare, ma misurabili, dei neutrini con gli atomi del liquido. Altri esperimenti si svolgono in enormi strutture sotterranee per ridurre le interferenze da altre fonti di radiazione.
La misura dell’oscillazione ha definitivamente stabilito che le masse dei neutrini sono molto piccole ma non nulle, come invece era assunto nella formulazione originale del Modello Standard nel 1967. Il motivo di questa piccolezza potrebbe essere collegato aduna caratteristica unica di neutrini: la possibilità che possano essere anche fermioni di Majorana, diversamente da tutti gli altri fermioni che sono particelle di Dirac.
I fermioni di Majorana, introdotti da Ettore Majorana nel 1937, hanno la proprietà di coincidere con le proprie antiparticelle. In conseguenza di questo, i neutrini di Majorana possono contribuire ad alcuni processi non permessi invece ai neutrini di Dirac. Uno di questi, chiamato decadimento doppio-Beta senza neutrini, è attualmente l’oggetto della ricerca degli esperimenti CUORE/CUPID e GERDA ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso. La sua osservazione proverebbe la natura di Majorana dei neutrini e fornirebbe una spiegazione per la piccolezza delle loro masse.
I neutrini possono essere prodotti in diversi processi fisici, come i decadimenti nucleari e fenomeni astrofisici. Sono tra le particelle più abbondanti dell’universo: ogni secondo, miliardi di neutrini provenienti dal Sole attraversano il nostro corpo, senza causare effetti apprezzabili.
La loro capacità di attraversare la materia quasi del tutto indisturbati, se da un lato costituisce un grande ostacolo alla possibilità di osservarli, dall’altro li rende portatori di informazioni molto preziose su eventi astrofisici come la formazione delle stelle, le esplosioni di supernova e e la composizione dell’universo primordiale. Non a caso, gli sforzi sperimentali più recenti vanno proprio nella direzione della ricerca di neutrini astrofisici e cosmologici, oltre naturalmente allo studio dei neutrini del Sole, che costituisce la sorgente più vicina e abbondante: in questo campo l’INFN ha giocato un ruolo fondamentale con l’esperimento Borexino, operativo dal 2007 al 2021 ai Laboratori del Gran Sasso, che ha ottenuto risultati di grande rilievo per la comprensione della fisica dei neutrini solari.
La teoria quantistica dei campi è il quadro teorico usato per descrivere le particelle elementari e prevederne il comportamento. Sviluppata a partire dagli anni ’20 del secolo scorso, la teoria quantistica dei campi unisce in un quadro coerente i principi della meccanica quantistica e della relatività ristretta.
Il Modello Standard è la teoria che descrive le particelle elementari che costituiscono la materia e le forze fondamentali.
Il 4 luglio 2012, nel corso di uno storico seminario al CERN di Ginevra, fu annunciata la scoperta del bosone di Higgs, l’ultimo tassello mancante del modello standard delle particelle elementari.
L’antimateria è una forma di materia molto simile alla materia ordinaria, di cui rappresenta una sorta di corrispondente speculare. Le particelle di antimateria, dette “antiparticelle”, sono infatti identiche in massa alle corrispondenti particelle, ma hanno alcuni numeri quantici (tra cui la carica elettrica) di segno opposto.
Il modello standard descrive in modo soddisfacente il comportamento delle particelle elementari e di tre delle quattro forze fondamentali della natura, tuttavia non è una teoria completa: per citare solo alcune delle sue lacune, non descrive l’interazione gravitazionale, non spiega la natura della materia oscura e dell’energia oscura, l’asimmetria tra materia e antimateria e l’oscillazione dei neutrini.