Le onde gravitazionali sono increspature dello spaziotempo prodotte da grandi masse in moto accelerato nel corso di violenti fenomeni astrofisici, come per esempio eventi di fusione tra coppie di buchi neri o stelle di neutroni. La loro possibile esistenza fu postulata per la prima volta da Albert Einstein nel 1916, come conseguenza della sua teoria generale della relatività.
Tuttavia, lo stesso Einstein non credeva che sarebbe mai stato possibile osservarle: le onde gravitazionali sono infatti vibrazioni debolissime, molto difficili da rivelare anche con strumenti estremamente sensibili. Ciò non ha scoraggiato gli scienziati, che a partire dagli anni Cinquanta hanno iniziato a progettare e costruire strumenti ed esperimenti allo scopo di provare a misurare direttamente questi segnali.
Dopo decenni di tentativi e progressi tecnologici (dalla tecnica delle barre risonanti si è arrivati all’uso di interferometri laser, che costituiscono oggi gli strumenti di rivelazione di riferimento per le onde gravitazionali), l’impresa è stata finalmente raggiunta nel settembre 2015 grazie agli interferometri LIGO, negli Stati Uniti, che hanno osservato un segnale di onda gravitazionale prodotto dalla fusione tra due buchi neri a una distanza di oltre un miliardo di anni luce da noi. Alla storica scoperta hanno contribuito anche le ricercatrici e i ricercatori dell’esperimento Virgo, fondato dall’INFN e dal francese CNRS e che si trova in Italia, allo European Gravitational Observatory: al momento della prima rivelazione Virgo non era ancora entrato in presa dati, ma le due Collaborazioni scientifiche lavoravano già dal 2007 come un’unica grande collaborazione globale.
Da allora, nel corso di tre run cicli di presa dati, LIGO e Virgo hanno osservato circa 90 segnali di onde gravitazionali, prodotti nella quasi totalità dei casi da eventi di fusione tra coppie di buchi neri stellari. I due esperimenti, cui si è aggiunto da poco anche l’osservatorio giapponese KAGRA, proseguiranno la loro attività ancora per circa un decennio, prima di lasciare il testimone agli esperimenti di nuova generazione: Einstein Telescope, che sarà costruito in Europa, e che è guidato dall’INFN assieme all’istituto di ricerca olandese Nikhef, e Cosmic Explorer, negli Stati Uniti, che saranno entrambi dotati di una sensibilità nettamente superiore. Ma la ricerca delle onde gravitazionali non si limita a soli esperimenti terrestri: nel prossimo decennio è previsto infatti il lancio di LISA, osservatorio spaziale dell’Agenzia Spaziale Europea e della NASA, che andrà a caccia di onde gravitazionali di frequenza più bassa rispetto a quelle accessibili per gli osservatori terrestri, prodotti da eventi astrofisici ancora più estremi, come la fusione tra buchi neri supermassicci al centro delle galassie.
La teoria della relatività generale, pubblicata da Albert Einstein nel 1915, è uno dei capisaldi della fisica moderna. È una teoria che descrive le interazioni gravitazionali, generalizzando e superando la precedente teoria di Isaac Newton, elaborata quasi tre secoli prima.
Il modello standard della cosmologia, chiamato anche modello Lambda-CDM, è il più semplice quadro teorico in grado di fornire una buona descrizione di tutti i fenomeni cosmologici osservati con soli 6 parametri liberi.
Quella del Big Bang è la teoria scientifica sull’origine del cosmo attualmente più accreditata: postula che il nostro universo abbia avuto origine circa 13,8 miliardi di anni fa da uno stato estremamente caldo e denso, e che da allora si sia espanso in modo sostanzialmente continuo.
L’universo è costantemente attraversato da particelle elementari e subatomiche, che viaggiano nello lo spazio ad altissima velocità. Molte di queste arrivano sulla Terra, portando con sé informazioni molto preziose sui fenomeni astrofisici che le hanno prodotte.
Il 17 agosto 2017, una coalescenza di stelle di neutroni avvenuta nella galassia NGC 4993 (a circa 130 milioni di anni luce da noi) è stata osservata contemporaneamente dagli osservatori di onde gravitazionali LIGO e Virgo e da numerosi telescopi elettromagnetici (dalle onde radio fino agli energetici raggi gamma) in tutto il mondo.
I buchi neri sono tra gli oggetti cosmici più affascinanti e misteriosi. Furono ipotizzati per la prima volta nel 1916, un anno dopo la pubblicazione da parte di Albert Einstein della sua teoria della relatività generale, quando l’astronomo tedesco Karl Schwarzschild presentò la prima soluzione esatta delle equazioni della teoria, note come “equazioni di Einstein”.
La materia oscura è una forma di materia invisibile ai telescopi, che non emette radiazione elettromagnetica e la cui (presunta) esistenza è oggi rilevabile soltanto in modo indiretto, attraverso i suoi effetti gravitazionali.
Le osservazioni sulle velocità delle galassie raccolte da Edwin Hubble, negli anni Venti dello scorso secolo, hanno dimostrato che il nostro universo non è statico ma in espansione, fornendo una delle prime prove solide a favore della teoria del big bang.