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L’universo è costantemente attraversato da particelle elementari e subatomiche, che viaggiano nello lo spazio ad altissima velocità. Molte di queste arrivano sulla Terra, portando con sé informazioni molto preziose sui fenomeni astrofisici che le hanno prodotte. Quando si parla di “astroparticelle”, tipicamente si fa riferimento in particolare ai raggi cosmici, particelle di alta energia che arrivano sulla Terra da ogni direzione, composti principalmente da protoni (per il 90% circa), oltre a nuclei di elio (9%) e una percentuale molto piccola di altri nuclei atomici, elettroni e in minima parte antiparticelle. In realtà, solo una piccola parte dei raggi cosmici arriva realmente fino a noi, grazie allo “scudo” fornito dagli atomi dell’atmosfera, che assorbe gran parte della radiazione cosmica (è una fortuna, poiché un’esposizione prolungata alle altissime energie di queste particelle avrebbe effetti letali sui tessuti del nostro organismo).
I raggi cosmici possono avere un’origine sia galattica sia extragalattica, tuttavia riuscire a determinare con precisione le loro sorgenti astrofisiche non è un’impresa semplice, dal momento che i campi magnetici interstellari possono facilmente perturbare le traiettorie di queste particelle nel loro percorso verso i telescopi terrestri. Si pensa comunque che i più energetici siano prodotti da alcuni tra gli eventi più estremi dell’universo, come esplosioni di supernove o emissioni di nuclei galattici attivi. Gli esperimenti che vanno a caccia di raggi cosmici usano diverse tecniche di rivelazione, spesso indirette, e possono essere sia terrestri sia spaziali. Da circa 20 anni l’INFN partecipa all’esperimento Auger in Argentina, il più esteso osservatorio per lo studio dei raggi cosmici mai costruito, con rivelatori distribuiti su un’area di circa 3000 chilometri quadrati.
Tra le astroparticelle figurano poi i neutrini cosmici, molto difficili da rivelare a causa della loro scarsa capacità di interazione con la materia, ma al tempo stesso portatori di informazioni dirette su alcune delle sorgenti di energia più estreme dell’universo (spesso non accessibili con i telescopi elettromagnetici).
L’esperimento IceCube, al Polo Sud, è da tempo attivo alla ricerca di neutrini astrofisici di altissima energia, mentre è in fase di costruzione nel Mar Mediterraneo il futuro telescopio subacqueo per neutrini cosmici KM3NeT, con un determinante contributo dell’INFN, in particolare con i Laboratori Nazionali del Sud.
La teoria della relatività generale, pubblicata da Albert Einstein nel 1915, è uno dei capisaldi della fisica moderna. È una teoria che descrive le interazioni gravitazionali, generalizzando e superando la precedente teoria di Isaac Newton, elaborata quasi tre secoli prima.
Il modello standard della cosmologia, chiamato anche modello Lambda-CDM, è il più semplice quadro teorico in grado di fornire una buona descrizione di tutti i fenomeni cosmologici osservati con soli 6 parametri liberi.
Quella del Big Bang è la teoria scientifica sull’origine del cosmo attualmente più accreditata: postula che il nostro universo abbia avuto origine circa 13,8 miliardi di anni fa da uno stato estremamente caldo e denso, e che da allora si sia espanso in modo sostanzialmente continuo.
Le onde gravitazionali sono increspature dello spaziotempo prodotte da grandi masse in moto accelerato nel corso di violenti fenomeni astrofisici, come per esempio eventi di fusione tra coppie di buchi neri o stelle di neutroni.
Il 17 agosto 2017, una coalescenza di stelle di neutroni avvenuta nella galassia NGC 4993 (a circa 130 milioni di anni luce da noi) è stata osservata contemporaneamente dagli osservatori di onde gravitazionali LIGO e Virgo e da numerosi telescopi elettromagnetici (dalle onde radio fino agli energetici raggi gamma) in tutto il mondo.
I buchi neri sono tra gli oggetti cosmici più affascinanti e misteriosi. Furono ipotizzati per la prima volta nel 1916, un anno dopo la pubblicazione da parte di Albert Einstein della sua teoria della relatività generale, quando l’astronomo tedesco Karl Schwarzschild presentò la prima soluzione esatta delle equazioni della teoria, note come “equazioni di Einstein”.
La materia oscura è una forma di materia invisibile ai telescopi, che non emette radiazione elettromagnetica e la cui (presunta) esistenza è oggi rilevabile soltanto in modo indiretto, attraverso i suoi effetti gravitazionali.
Le osservazioni sulle velocità delle galassie raccolte da Edwin Hubble, negli anni Venti dello scorso secolo, hanno dimostrato che il nostro universo non è statico ma in espansione, fornendo una delle prime prove solide a favore della teoria del big bang.