Quella prima rivelazione diretta delle onde gravitazionali sarà annunciata dalle collaborazioni LIGO e Virgo, l’11 febbraio 2016, dopo molti mesi di analisi e verifiche.

La sfida della materia oscura



La Strategia della fisica delle particelle


Il 14 settembre 2015 alle 11:50:45 ora italiana è arrivato sulla Terra un segnale generato da una coppia di buchi neri, di massa equivalente a circa 29 e 36 masse solari, che, dopo aver spiraleggiato uno attorno all’altro a velocità impressionanti, si sono fusi, liberando una enorme quantità di energia. Si trattava di un’onda gravitazionale che aveva viaggiato per circa 1,3 miliardi di anni alla velocità della luce. A rendere unico questo evento nella storia della scienza è che il segnale GW150914 (i numeri indicato la data di arrivo sul nostro pianeta, il 14 settembre 2015) è la prima onda gravitazionale mai osservata direttamente al mondo.
Le onde gravitazionali sono state rivelate da entrambi gli strumenti gemelli Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory (LIGO), negli Stati Uniti, a Livingston, in Louisiana, e a Hanford, nello stato di Washington. L’importante risultato, pubblicato sulla rivista scientifica Physical Review Letters, è stato ottenuto, grazie ai dati dei due rivelatori LIGO, dalle Collaborazioni Scientifiche LIGO e Virgo, il rivelatore europeo che si trova in Italia, vicino a Pisa, allo European Gravitational Observatory (EGO), fondato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) italiano e dal Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) francese.
Quella prima rivelazione diretta delle onde gravitazionali sarà annunciata dalle collaborazioni LIGO e Virgo, l’11 febbraio 2016, dopo molti mesi di analisi e verifiche.
Teorizzate per la prima volta da Albert Einstein cento anni fa, le onde gravitazionali sono un’importante previsione della teoria della Relatività Generale che Einstein formulò nel 1915 e che descrive la gravità come una manifestazione della curvatura dello spaziotempo. Lo spaziotempo descrive la struttura dell’universo, e possiamo immaginarlo come un tessuto ma a quattro dimensioni: le tre spaziali, più il tempo. Secondo la Relatività Generale la trama dello spaziotempo permea tutto l’universo, viene deformata dai corpi e perturbata da masse in movimento, come ad esempio buchi neri o stelle di neutroni che arrivano a fondersi.
Queste perturbazioni sono appunto le onde gravitazionali che, dalla loro sorgente, si diffondono in modo analogo alle increspature sulla superficie di uno stagno, viaggiando alla velocità della luce.
Nate nelle profondità dello spazio e generate da cataclismi cosmici come la fusione di buchi neri o stelle di neutroni, le onde gravitazionali raggiungono la Terra con effetti quasi impercettibili, tanto da far dubitare Einstein che potessero essere mai osservate. Ci sono voluti anni di investimenti, studio, ricerca e sviluppo e il lavoro di molte persone per portare quella che sembrava una sfida impossibile al successo, grazie alla realizzazione di tecnologie innovative in criogenia, ottica, vuoto e nell’analisi dati.
Della ricerca delle onde gravitazionali e della loro scoperta parliamo nell’intervista a Fulvio Ricci, all’epoca coordinatore della Collaborazione Scientifica di Virgo che, insieme a David Rietze, allora direttore di LIGO, l’11 febbraio 2016 annunciò una scoperta attesa da cento anni in una emozionante conferenza stampa italo-americana, in diretta in contemporanea da Washington e Cascina (PI) nella sede di EGO. Virgo è un progetto ideato, realizzato e condotto dall’INFN e dal CNRS, cui successivamente si è aggiunto Nikhef (Paesi Bassi), e altre istituzioni europee si sono unite alla Collaborazione Scientifica.
L’intervista è pubblicata sull’ultimo numero di Particle Chronicle, la newsletter dell’INFN.
La scoperta delle onde gravitazionali ha aperto una nuova era nello studio dell’universo, offrendo un modo per osservare il cosmo completamente nuovo e complementare alle “tradizionali” tecniche di esplorazione, basate principalmente sulla rivelazione della radiazione elettromagnetica e di particelle come i neutrini e i raggi cosmici per cercare risposte alle domande dell’astrofisica, della cosmologia e della fisica fondamentale.
Il risultato ha portato, l’anno successivo (2017) alla assegnazione del premio Nobel per la Fisica, a tre dei fondatori di LIGO: Rainer Weiss, Barry Barish e Kip Thorne di Caltech.
Nel 2017, a LIGO si unisce in presa dati il rivelatore europeo Virgo, che permette di localizzare molto più precisamente le sorgenti. Nell’agosto del 2017 LIGO e Virgo hanno assistito alla straordinaria collisione, avvenuta a 130 milioni di anni luce da noi, tra due stelle di neutroni, la quale ha dato origine a una kilonova, che ha disperso nello spazio oro e altri elementi pesanti. Il fenomeno è stato immediatamente segnalato a decine di telescopi sulla Terra e nello spazio, che hanno potuto catturare i segnali elettromagnetici generati dallo stesso evento: dai raggi gamma ad alta energia alle onde radio a bassa energia. Questa osservazione ha segnato una tappa epocale: la nascita dell’astronomia multimessaggera, ossia un nuovo approccio di esplorazione dell’universo che permette di indagare lo stesso evento astrofisico attraverso diversi messaggeri cosmici, portatori di informazioni differenti e, in molti casi, tra loro complementari.
La ricerca di altre collisioni di stelle di neutroni resta oggi una delle frontiere più promettenti e il network degli interferometri LIGO-Virgo-KAGRA è al centro di un sistema di allerta, che consente ai telescopi elettromagnetici di cercare nei cieli i segni di una nuova potenziale kilonova.
La ricerca di onde gravitazionali oggi
Oggi il network di rivelatori gravitazionali (LVK), che è composto dagli interferometri LIGO Virgo e KAGRA in Giappone, unitosi nel 2020, opera in modo coordinato e osserva circa una fusione di buchi neri ogni tre giorni. Dal 14 settembre 2015 ad oggi sono state osservate un totale di circa 300 fusioni di buchi neri, alcune delle quali sono state confermate mentre altre sono in attesa di ulteriori analisi. Di queste, circa 80 fino al 2020 e circa 230 dal giugno 2023, nel corso dell’attuale ciclo di osservazione, più del doppio di quelli rivelati nei primi tre cicli. Il notevole aumento del numero di osservazioni di eventi nell’ultimo decennio è dovuto a diversi miglioramenti apportati ai rivelatori, alcuni dei quali sfruttano ingegneria di precisione quantistica di ultima generazione.
Gli interferometri per onde gravitazionali sono strumenti di misurazione di straordinaria precisione: le distorsioni spaziotemporali indotte dalle onde gravitazionali sono incredibilmente minuscole. Per osservarle, LIGO, Virgo e KAGRA devono rivelare cambiamenti nello spaziotempo più piccoli di un decimillesimo della dimensione di un protone: vale a dire 700.000 miliardi di volte più piccole dello spessore di un capello umano.
L’ultima rivelazione, il segnale GW250114 è stata annunciata proprio lo scorso 10 settembre 2025. L’evento, la collisione di due buchi neri a circa 1,3 miliardi di anni luce di distanza, con masse da 30 a 40 volte quelle del nostro Sole, è simile al primo segnale osservato nel 2015 ma, grazie a dieci anni di progressi tecnologici che hanno ridotto il rumore strumentale, il segnale di GW250114 è molto più nitido e ricco di informazioni.
Il futuro nella ricerca delle onde gravitazionali
Guardando al futuro, la comunità scientifica delle onde gravitazionali sta già lavorando a rivelatori di prossima generazione. Il progetto europeo, chiamato Einstein Telescope (ET), prevede di costruire uno o due giganteschi interferometri sotterranei con bracci di oltre 10 chilometri, mentre quello statunitense, chiamato Cosmic Explorer, sarebbe simile all’attuale LIGO ma con bracci lunghi 40 chilometri. Osservatori di questa portata consentirebbero di ascoltare le prime fusioni di buchi neri nell’universo, portandoci indietro nel passato del nostro universo e avanti nel suo futuro aiutandoci a interpretare quale potrebbe essere il suo destino.
Einstein Telescope, quindi, è la grande infrastruttura di ricerca del futuro rivelatore di onde gravitazionali da realizzare in Europa, un progetto di impatto scientifico e tecnologico di livello mondiale, che l’Italia è candidata a ospitare in Sardegna nell’area della miniera dismessa di Sos Enattos, nel Nuorese. La cui candidatura della Sardegna conta sul forte sostegno del governo italiano, del Ministero dell’Università e della Ricerca e della comunità scientifica nazionale, e della società civile. ET è ritenuto un progetto di punta a livello internazionale, tanto da essere incluso nella Roadmap dello European Strategy Forum on Research Infrastructure ESFRI 2021. Il progetto prevede la costruzione di una grande infrastruttura sotterranea che ospiterà il rivelatore di onde gravitazionali tra i 100 e i 300 metri di profondità, per preservarlo in condizioni di “silenzio”, isolandolo da tutte le fonti di rumore (sia di origine naturale sia antropica) che potrebbero interferire con le misurazioni. La sua realizzazione rappresenterà una grande sfida scientifica, tecnologica e ingegneristica, che vedrà il nostro Paese protagonista.
Sito del progetto: https://www.einstein-telescope.it/