Un innovativo apparato sperimentale, ideato e realizzato da gruppi di ricerca dell’INFN e del CEA francese, promette di rivoluzionare la ricerca di candidati leggeri di materia oscura, chiamati assioni, migliorando in modo significativo la sensibilità degli attuali rivelatori. Lo studio, pubblicato di recente sulla rivista Physical Review X, presenta una nuova configurazione sperimentale basata sull’impiego di circuiti superconduttori che sfruttano i qubit per rivelare i segnali estremamente deboli generati dalla possibile presenza degli assioni.
Alcuni modelli teorici suggeriscono che la nostra galassia sia circondata da un alone di materia oscura, una forma di materia invisibile che costituisce circa l’85% della massa dell’universo. E l’assione, una particella teorizzata negli anni ’70, è attualmente considerato uno dei principali candidati per spiegare la composizione di questa materia.
Per cercare di rivelare queste particelle, nel 1982 il fisico Pierre Sikivie ha ideato un dispositivo chiamato “aloscopio”, in cui gli assioni si convertirebbero in fotoni all’interno di una cavità a microonde immersa in un campo magnetico molto intenso. Tuttavia, il segnale corrispondente è estremamente debole, e per ridurre il rumore elettronico si opera a temperature ultra-criogeniche a qualche decina di millikelvin, appena sopra lo zero assoluto.
Per leggere il segnale che si genererebbe nella cavità, tradizionalmente, si utilizzano i migliori amplificatori esistenti che lavorano al limite quantistico, un rumore di fondo ineliminabile previsto dal principio di indeterminazione di Heisenberg. Tuttavia, questa ricerca procede molto lentamente e non consente di sondare in tempi adeguati i modelli teorici di maggiore interesse che descrivono le proprietà dell’assione. Per questa ragione, nella comunità scientifica internazionale già da alcuni anni si investe molto in attività di ricerca e sviluppo focalizzate su dispositivi che consentono di contare i singoli fotoni. Registrare i “click” corrispondenti alla conversione degli assioni in fotoni permetterebbe infatti di accelerare la ricerca anche di alcuni ordini di grandezza. La sfida tecnologica è però considerevole. I fotoni prodotti all’interno dell’aloscopio hanno energie molto basse perché hanno una frequenza nella banda delle microonde: sono, infatti, circa cinquantamila volte meno energetici di un fotone nella banda visibile, per questo non possono essere rivelati tramite i tradizionali fototubi o fotodiodi.
“Per riuscire a rivelare i fotoni nelle microonde utilizziamo i qubit, ovvero atomi che possiamo costruire su chip superconduttivi e che sono quindi definiti atomi artificiali,” spiega Caterina Braggio, docente dell’Università di Padova. ricercatrice INFN e prima autrice dello studio. “Questo ci permette di ottenere un guadagno significativo nella velocità della ricerca degli assioni con gli aloscopi, aumentando di un fattore 20 la velocità di rivelazione. Ora la sfida è non solo quella di abbassare ulteriormente il rumore in questi dispositivi, ma anche quella di renderli più pratici e robusti, operabili nel contesto di questi esperimenti complessi, che richiedono non solo campi magnetici intensi, ma cavità a microonde a frequenza variabile.”
“Il risultato importante di questo lavoro è la dimostrazione di una nuova applicazione per le tecnologie quantistiche, che stanno rapidamente cambiando il nostro modo di fare esperimenti, alla frontiera della bassa energia in fisica delle particelle,” conclude Braggio.
Questo studio è nato grazie all’esperienza maturata nell’ambito del progetto QUAX, guidato dal ricercatore INFN Giovanni Carugno, e ha visto la partecipazione di ricercatori e ricercatrici della sezione INFN di Padova, del gruppo collegato di Salerno, dei Laboratori Nazionali di Legnaro e del CEA di Saclay.