Circondato da un disco luminoso e con due getti prodotti da un buco nero supermassiccio, uno dei quali orientato verso la Terra, il blazar BL Lacertae ha fornito un’opportunità unica: comprendere come vengono generati i raggi X in ambienti estremi come i getti relativistici, flussi di plasma ad altissima energia. Le osservazioni condotte dalla missione della NASA e dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) IXPE Imaging X-ray Polarimetry Explorer in collaborazione con telescopi radio e ottici hanno rivelato che i raggi X sono prodotti dall’interazione tra elettroni ad alta velocità e fotoni (particelle di luce). I risultati sono stati pubblicati oggi su The Astrophysical Journal Letters.
“La produzione di raggi X era uno dei più grandi misteri sui getti dei buchi neri supermassicci”, ha dichiarato Iván Agudo, primo autore dello studio e astronomo presso l’Instituto de Astrofísica de Andalucía CSIC in Spagna. “IXPE, con l’aiuto di una serie di telescopi di supporto a terra, ha finalmente fornito gli strumenti per risolverlo”.
Lanciato in orbita nel dicembre 2021, con a bordo rivelatori sviluppati da un gruppo di ricerca dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), IXPE è ad oggi l’unico satellite in grado di misurare la polarizzazione dei raggi X, ovvero la direzione media delle onde elettromagnetiche che compongono la luce a frequenze molto superiori a quelle visibili (i raggi X). Analizzando proprio questa proprietà, è stato possibile individuare due possibili meccanismi in grado di spiegare la presenza di raggi X nei getti relativistici: uno che implica i protoni (adroni), l’altro gli elettroni (leptoni). Nello specifico, se i raggi X nei getti di un buco nero risultano altamente polarizzati, sarebbero prodotti da protoni in rotazione nel campo magnetico del getto o da protoni che interagiscono con i fotoni del getto; se invece presentano una polarizzazione inferiore, allora potrebbero essere prodotti dalle interazioni elettrone-fotone.
Nel novembre 2023, IXPE ha osservato il blazar BL Lacertae per sette giorni, mentre diversi telescopi a terra ne misuravano la polarizzazione ottica e radio. In quel periodo, la luce ottica ha raggiunto un picco di polarizzazione del 47,5%, mentre i raggi X non hanno superato il 7,6%. Tale significativo divario risulta compatibile con un processo noto come scattering Compton, che si verifica quando un fotone perde o guadagna energia dopo aver interagito con una particella carica, tipicamente un elettrone. IXPE ha, quindi, permesso di scoprire che, nel caso di un getto di blazar, tali elettroni possiedono energia sufficiente per diffondere fotoni di luce infrarossa fino a lunghezze d’onda di raggi X.
“Grazie a questi dati e alle osservazioni coordinate nelle bande radio e ottica, siamo riusciti a escludere completamente i processi adronici come causa dell’emissione ad alta energia di questa sorgente, e a favorire fortemente gli scenari leptonici, ovvero getti relativistici composti principalmente da elettroni”, spiega Jorge Otero, tra gli autori principali dello studio e ricercatore presso la Sezione INFN di Padova. “Si tratta di un risultato cruciale per la fisica astroparticellare – il primo vincolo diretto sulla natura dell’emissione di alta energia nei blazar e sulla composizione dei getti di plasma relativistico nei nuclei galattici attivi – ottenuto tramite misure di polarizzazione a più lunghezze d’onda”.
“IXPE è riuscito a risolvere un altro mistero legato ai buchi neri”, conclude Enrico Costa, ricercatore dell’INAF e tra gli ideatori e promotori dell’esperimento IXPE dieci anni fa. “La visione polarizzata a raggi X di IXPE ha risolto diversi misteri di lunga data, e questo è uno dei più importanti. In altri casi, i suoi risultati hanno messo in discussione teorie consolidate, aprendo nuove domande. Ma è così che funziona la scienza e, di sicuro, IXPE sta facendo ottima scienza”.